Komikazen 6° Festival internazionale del fumetto di realtà, Ravenna 2010
Da quando è nato Komikazen, 6 anni fa, e dalle prime mostre di Mirada su Sacco e Satrapi, molte cose sono cambiate nel mondo poliedrico e strutturalmente “povero” del fumetto.
Il termine “fumetto di realtà”, coniato da noi per definire un oggetto che intravedevamo come nuovo e aperto a un diverso pubblico di lettori e autori, è diventato un soggetto capace di attirare l'attenzione di editori sempre più alla ricerca di nuove vene narrative, di riviste che cercano spazi di rappresentazione diversa del reale, di un mercato dell'arte fagocitatore e votato al global market, di ONG e organizzazioni umanitarie che cercano nuove vie per raccontare i temi che costituiscono il cuore del loro lavoro o strumenti per attività sul campo.
Se da un lato questo costituisce indubitabilmente una ricchezza e una nuova frontiera, allo stesso tempo non sempre è presente una capacità di lettura del medium all'altezza della sfida: tale
povertà di lettura del mezzo si può così sintetizzare.
Il fumetto non è affrontato come linguaggio a se stante, prevale la “grandezza del mezzo”, la valutazione della serietà del tema, mentre non sempre il risultato è coerente con il soggetto. Non basta parlare di povertà per fare un bel fumetto. Non basta affrontare un tema importante perché la storia funzioni. Se da una parte autori che hanno indubitabilmente contribuito alla creazione di questo scenario, come Joe Sacco, dichiarano che lo spazio di ricerca del fumetto è ancora un continente inesplorato, dall'altra spesso i risultati presentati anche da progetti editoriali importanti scivolano su una banalità didascalica difficile da mettere in discussione.
Gli aspetti sicuramente più significativi e di qualità emersi tuttavia non mancano. L'approccio di “realismo dialettico” capace di produrre un processo critico nel lettore emerge in alcune produzioni, come ad esempio nel libro collettivo Gaza. Una rappresentazione che prende le distanze, denunciando la propria incapacità di essere testimone diretto e significativo, che però non demorde dalla volontà di stabilire un processo di decostruzione di un realismo propagandistico, fatto di semplificazioni e slogan.
In un rapporto di incontri e abbandoni, il fumetto ritorna alla Figurazione Narrativa, la corrente artistica della fine degli anni '60, che era partita anche da una mostra di Bande dessinée e che dal fumetto ha molto saccheggiato. Nell'uscita dal mondo a strisce, nel limitare figurativo di uno stile come quello di Auladell, che mette a dura prova la tradizionale sequenzialità per stare anche immoto in una narrazione che si concentra anche in un'unica immagine, vediamo concentrarsi le nuove potenzialità di questo nuovo modo di narrare.
Autori invece che hanno nelle proprie bibliografie storie che sono nate da trasfigurazioni di realtà come Igort, hanno proceduto ad un lavoro di certosina purificazione della fiction per cercare una voce vera nella trascrizione dei testimoni incontrati in viaggio. Mentre un autore come Zograf, antesignano del genere e membro ormai a pieno titolo della nouvelle vague balcanica della nona arte, hanno messo a punto una tecnica narrativa che mescola visivamente la realtà sperimentata con il sogno e l'immaginazione. Fenomeni editoriali come quello di Logicomix denotano come non esistano più peraltro riserve di argomenti inviolabili da parte del fumetto. E la piccola finestra aperta sul mondo delle ONG che utilizzano il fumetto come strumento di lavoro per conseguire risultati etici, il cambiamento della realtà in cui operano e non solo la sua rappresentazione, è solo un piccolo assaggio di un territorio che sta diventando abitato da un folto numero di abitanti...