Pubblicato sul catalogo di Selvatico, Cotignola (2013)
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Hai finito?
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In che senso, ho finito? Intendi se ho finito di scrivere?
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Sì, vedo che guardi la pagina bianca.
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È così. Ho scritto la parola fine. Ma non so se questo significa finire. Perché sempre si può ricominciare. Decidere un nuovo inizio.
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Certo. Anche io a volte decido di cominciare un gioco nuovo. Comunque lo decido. Allora, hai deciso di finire?
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Credo di sì. Vedere la pagina bianca mi fa pensare alla fine. Che non ho più niente da aggiungere.
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È strano, tu dici sempre che la pagina bianca è un inizio, è la possibilità, non la fine. Oggi mi dici il contrario.
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A volte anche il contrario può essere vero.
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Papà, mi confondi. Il contrario non può essere vero. Solo ci possono essere due verità in una cosa che appaiono contrarie. Anche in alcune storie è così.
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Hai ragione, non mi sono espresso bene. Ci sono entrambe le cose, che non sono verità, in una pagina bianca. L'inizio e la fine. Solo quando mettiamo un segno, o non lo mettiamo, decidiamo in che parte della cosa vogliamo stare. A te piace più finire o iniziare?
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A me piace iniziare, quando il gioco finisce è sempre un po' triste. Lasci qualcuno o qualcosa. C'è un abbandono.
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Però puoi sempre iniziare qualcosa di nuovo. E quindi c'è sempre anche la possibilità di un nuovo inizio. Come in questa pagina bianca. Potrei ricominciare a scrivere adesso, e dopo aver scritto Un cuore così bianco, scrivere un altro romanzo oppure disegnare oppure tenere un diario. Oppure stare a parlare con te...
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Parlare con me è sempre meglio, è meno rischioso e più divertente. Anche se a volte mi sembra che preferiresti continuare a guardare la tua pagina bianca... Di cosa parla il tuo libro?
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Credo che parli del segreto e della sua possibile convenienza, della persuasione e dell'istigazione, del matrimonio, della responsabilità di chi ha saputo, della possibilità di sapere e dell'impossibilità d'ignorare, del sospetto, del parlare e del tacere.
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È come la pagina bianca, insomma. Ci sono sempre due cose. Parlare e tacere, sapere e ignorare. Voi adulti mi confondete. Sembra che non ci siano mai confini tra le cose. Capisco l'inizio e la fine, ma sapere e ignorare. Sono proprio due cose diverse.
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Forse invece è proprio così in tutte le cose. Coesistono due cose diverse. Anche tu sei il risultato di due cose diverse, il papà e la mamma.
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Uhm, però io sono io. E sono anche un po' la nonna. E papà, se ci sono sempre almeno due cose, come si fa a decidere? Perché tu scrivi oppure smetti, oppure disegni?
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Difficile rispondere. Tu perché decidi di giocare oppure di smettere?
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Io smetto quando mi annoio. Quando sento che ho finito con quel gioco lì, non c'è più niente che possa succedere.
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Allora sappiamo quando si smette. E quando si decide di iniziare?
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Io voglio sempre giocare. Quello non smette mai. Inizio quando trovo il modo di farlo.
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Anche io vorrei sempre iniziare. Ma a volte non c'è il modo. Non c'è il modo di trovare il capo e la coda, oppure si è semplicemente bianchi dentro per un po'.
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Anche tu hai il cuore bianco allora? Come nel tuo libro...
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«Le mie mani sono come le tue, ma ho vergogna di avere un cuore cosí bianco». Lo dice Lady Macbeth al marito che ha appena ucciso un uomo. Bisogna non essere contagiati dalle colpe degli altri, non conoscere né l'inizio né la fine della colpa.
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È come far finta di niente?
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Non si può far finta di niente. Nel momento in cui il segreto è svelato noi diventiamo parte della colpa, dobbiamo decidere come andare avanti nella pagina bianca. Anche lasciarla bianca è un gesto. Anche non fare gesti.
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Capisco. Io allora ho il cuore bianco perché sono bambina?
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Alcuni dicevano di sì. Il bambino è una tavola bianca: ma quando? Non mi pare possibile trovare un momento così bianco. Tu sei il risultato di scelte o caso, che non sai. Nessuno di noi sa esattamente da dove viene. Non scegliamo il nostro nome e siamo già alla nascita una pagina su cui è stato scritto da altri.
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Allora ho deciso. Non ho il cuore bianco, ma lo vorrei con tutti fiorellini. Me lo puoi fare?
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Ci provo.