Quel lascito davvero nobile da cui nacque la biblioteca Gambalunga

Non avere figli può essere un bene per la comunità: questo può essere l’epilogo ricavabile dal testamento di Alessandro Gambalunga, il quasi nobile che donò la propria dimora e il proprio materiale librario alla città di Rimini nel 1617, permettendo così l’apertura di una delle prime biblioteche pubbliche e laiche dell’Europa controriformistica. Fu quindi in una delle città della periferia, che tale era Rimini all’inizio del XVII secolo, parte da poco della periferica Legazione pontificia di Ravenna. Qui nacque questa biblioteca civica che, dopo 400 anni, vede ogni giorno circa 500 persone al giorno entrare ed uscire dalle sue porte per leggere, vedere, ascoltare. Gambalunga era un arrivé, il figlio di un commerciante di ferro che si era arricchito grazie alle doti delle quattro mogli e che grazie a questo patrimonio aveva comprato il titolo nobiliare: non gli era bastato per essere ammesso nel cerchio dorato del Consiglio dei Cento, anche se aveva sposato una Diotallevi, ovvero una erede di casata pluristemmata. Ma si sa, non basta la fede per rifarsi il pedigree, in particolare nella piccola provincia che tutto ricorda.  

Ma Gambalunga si è fatto ricordare molto più a lungo dei suoi concittadini sprezzanti. Amava le lettere e si faceva mandare dalla bisbetica Venezia, che aveva ignorato il dispotico Papa Paolo V, libri a stampa pregiati che costituiranno il nucleo della sua donazione. Non aveva avuto figli. E i suoi amati libri, e anche i manoscritti dei quali rimane il codice con le Metamorfosi di Ovidio, sono lasciati insieme all’edificio alla città che non l’aveva voluto nel consesso dei consiglieri. “È sotto la protezione del cielo chi costruisce la casa”, dice la scritta in latino all’ingresso: potremmo parafrasare che è sotto la protezione del cielo chi costruisce la casa con i libri e la dona. Che oggi nessuno si ricorda degli altri nobilotti dell’epoca, ma il cuore della città pulsa nel cantiere della Biblioteca Gambalunga, che sicuramente fu anche un prerequisito della stagione visiva del Seicento riminese. Un altro esempio di fulgente energia della periferia del potere.  

E oggi? L’anatema del donatore verso coloro che sottraggono libri non sembra turbare i 148.324 adulti e 32.400 ragazzi che l’hanno frequentata nel 2017. Il pubblico è nettamente giovane, anche nelle indagini degli anni precedenti: il 53% è tra i 16 e 25 anni e, come succede in moltissimi casi, il 60% è donna. Nel corso di questi quattro secoli lo spazio si è modificato, lasciando però intatte le sale del Seicento, allestite subito dopo la morte del proprietario, in cui si possono ammirare gli originali scaffali: fate attenzione a quelli chiusi da una grata metallica. Erano quelli per i libri “proibiti”, non pochi durante gli anni dell’Indice. Nel testamento era stato espressamente chiesto di: “far fare un armario appartato... et ivi rinchiuderli sotto chiave”. Nelle tre sale di questo periodo c’è anche una porticina segreta, proprio come si vede in tanti film d’ambientazione storica. La sala del Settecento, in elegante abete e decorata in colori chiari, custodiva un’altra opera proibitissima, l'Encyclopédie, che poteva essere consultata da chi avesse il permesso di lettura, ma doveva essere comunque preservata da mani e sguardi indiscreti… Diciamo che l’accesso al proibito aveva coloriture diverse in questi secoli.  

Infine, nella Sala del Vergers, siamo catapultati nel mondo e immaginario librario di un ricercatore dell’Ottocento, un eclettico studioso e viaggiatore affascinato dalla enigmatica etruscologia. Il nobile parigino aveva acquisito la villa dei Diotallevi a San Lorenzo a Correggiano sulle colline riminesi, che ancor oggi porta però il suo nome. La villa, una piccola Versailles, oggi è sostanzialmente un luogo per cerimonie nuziali, ma se si vuole odorare per un momento l’humus intellettuale che alimentò il grande etruscologo (contribuì agli scavi di Populonia e Vulci) e arabista, è in questa sala che dovete cercare la sua anima.

Certo, oggi la biblioteca ha un respiro molto più vasto: è anche il luogo in cui si fa formazione per gli adulti, presentazione di libri e ricerche di alto profilo, ma anche workshop di filosofia per ragazzini … “Qui le persone cambiano” scrivono provocatoriamente nella nota stampa i curatori delle rassegne della più antica biblioteca pubblica italiana. È un rischio che si deve correre, quello del cambiamento. Un luogo aperto al pubblico è un luogo di incrocio e contatto. E come i fondi hanno alimentato e ancora alimentano il cambiamento è sostanzialmente la traccia degli incontri che cominciano in aprile, con Piero Meldini, lo scrittore e saggista che è stato direttore della biblioteca dal 1972 al 1998. Esisteva un tempo in cui si poteva diventare direttore di un’istituzione culturale e avere trent’anni… ma non è questo il nostro tema, piuttosto si può scoprire guidati dallo storico direttore come nei cataloghi, nelle memorie, nei trattati ci siano i semi con cui preparare il romanzo.

La rassegna, “Voci dai fondi”, proseguirà fino a giugno e fa parte delle numerose azioni che per questo compleanno, che in realtà dura tre anni, ha programmato la biblioteca Gambalunga, un luogo che se si vuole scoprire Rimini e la storia della conoscenza nel nostro paese non si può tralasciare.  


 

Biblioteca Civica Gambalunga
Via Alessandro Gambalunga, 27
47921 Rimini RN

www.bibliotecagambalunga.it